Il codesign, letteralmente “fare design con (altri)”, è un approccio progettuale basato sul concetto che le persone che utilizzano un artefatto, frutto del lavoro di designer, debbano essere chiamati a dire la loro nel determinare come questo artefatto debba essere disegnato. Il codesign offre l’opportunità di definire collettivamente il contesto e il problema, e così facendo di aumentare le probabilità di un risultato soddisfacente.
Oliver Marlow è un designer interdisciplinare esperto nel facilitare la creazione e la trasformazione di spazi per il lavoro e l’innovazione, attraverso l’applicazione di un approccio progettuale che ha radici nell’Inclusive Design.
Dal 2011 è direttore creativo di StudioTilt, studio di progettazione londinese che ha il codesign alla base del proprio operato. Ogni progetto di StudioTilt racconta di una comunità che, accompagnata e facilitata dal lavoro dello studio, co-progetta il proprio (futuro) luogo di lavoro, o il proprio ospedale, o il proprio municipio, o il proprio ufficio. StudioTilt combina strumenti quali ricerca qualitativa e quantitativa, prototipazione, blueprinting, apprendimento collettivo e soluzioni progettuali di crowdsourcing, strumenti ormai consolidati, orientati ad ispirare partecipazione e impegno offrendo allo stesso tempo risultati concreti sul lungo termine.
Qui la sostenibilità è nell’approccio progettuale che facilita il coinvolgimento democratico delle persone nell’indirizzare cambiamenti sociali. Può rappresentare uno strumento molto potente di cambiamento, incoraggiando la collaborazione all’interno di una stessa organizzazione o comunità.
-
Oliver Marlow è direttore creativo di StudioTilt, a Londra. Esperto nelle relazioni tra spazio, collaborazione, creatività e modelli di business, Oliver è designer, artigiano, accademico e facilitatore. Lavora su tutti i livelli del processo progettuale e creativo. Come responsabile del design di The Hub (oggi Impact Hub), ha collaborato alla co-progettazione di decine di nuovi Hubs e spazi di lavoro altamente flessibili in tutto il mondo. È il responsabile di una metodologia di co-progettazione unica, che aiuta a trasformare gli spazi in un’esperienza, una comunità e un’identità. Oliver è fondatore della Social Workplace Conference, co-fondatore del Forest Café a Edinburgo, e ha collaborato, tra gli altri, con il Young Vic theatre, The Battersea Arts Centre, Aldeburgh Music, Southbank Centre, Edinburgh International Film Festival e il Non-Pro t Incubator (NPI) a Shanghai, il primo centro per l’innovazione sociale in Cina.
-
Cosa significa essere designer e allo stesso tempo facilitatore?
Le vedo come la stessa cosa. Essere un facilitatore significa ascoltare e capire le persone, i loro bisogni e i loro desideri. La stessa cosa vale per l’attività dello human centred designer. Mi piace progettare verso qualcosa, aiutare a risolvere un problema, generare miglioramento, creare impatto. Non sono il tipo di designer che si siede e sogna - in astratto - ad occhi aperti di oggetti o spazi, ho bisogno di stare con le persone e sentire le loro storie.
Considerando la tua esperienza professionale, in che senso il codesign può ispirare spazi, azioni e modi di vivere sostenibili?
Per molto tempo gli approcci e i ruoli progettuali sono stati separati l'uno dall'altro: per esempio qualcuno si occupava del progetto di un edificio, e qualun’altro di come l’edificio doveva essere utilizzato e di quale impatto lo spazio doveva creare. Viviamo in un'epoca di grande complessità e ora capiamo che tutto è interconnesso, non da ultimo attraverso le persone stesse. La pervasività della tecnologia ha accelerato questo processo (chi avrebbe mai pensato di ascoltare musica o di guardare una mappa sul proprio telefono cellulare?), oggi convergenza e ibridizzazione sono aspetti essenziali per risolvere qualsiasi cosa. Indipendentemente dal briefing. Detto questo, abbiamo bisogno di pensare in modo sistematico e di porre le persone al centro di qualsiasi soluzione. Affinchè questo funzioni, abbiamo bisogno di lavorare in modo inclusivo e di essere disposti ad essere messi alla prova da intuizioni e input altrui. Questo è il motivo per cui il codesign è così efficace. È collaborativo e focalizzato sulle soluzioni; inoltre come metodologia si adatta a qualsiasi tipo di brief. Spazi adatti allo scopo, che possono essere resilienti e aperti. Azioni che nascono dalla comprensione di come creare un impatto sugli altri e, in generale, dallo sviluppo di una visione sistemica di noi stessi nel mondo.
Ci racconti qual’è il tuo progetto preferito (non necessariamente fatto da o con StudioTilt) che meglio rappresenta l’importanza di coinvolgere gli utilizzatori finali nel processo di progettazione dello spazio dove questi lavoreranno o vivranno?
Mi piace molto il crescente movimento legato al co-living per le persone anziane in tutto il mondo. Non è un'idea nuova (coinvolgere gli utenti nel processo di progettazione non è certo un'idea particolarmente originale), i progetti fanno quello che fa il grande design: le sfide sono molteplici (qui è la solitudine, l'aumento dei costi abitativi, alternative inadeguate per esempio) e il design fornisce una soluzione che è positiva per tutti.
-
email: oliver.marlow@studiotilt.com
sito web: www.studiotilt.com
canale ig: @studio.tilt